L'ANTICA CANONICA DI SEDICO
Era caratterizzata da due corpi ben distinti costruiti in epoche diverse. La parte, con la loggetta e gli archi, era la più antica (riconoscibile dalla sua tipologia, forse rinascimentale, comunque anteriore alla metà del 1500), mentre quella verso il campanile, fatta costruire dal pievano Rudio (probabilmente Sebastiano: 1649-1690) e riecheggiante una delle ville di Landris, era sicuramente seicentesca. Lo apprendiamo da una ricerca fatta a Belluno presso gli archivi della Curia e della Cattedrale da un sacerdote, don Antonio Bertagnin, che così scriveva : "L'arciprete Rudio discendeva da nobile e ricca famiglia di Belluno. Nominato arciprete di Sedico, tra gli altri problemi, si pose anche quello della canonica, che essendo costituita soltanto dal primo corpo, fu da lui ritenuta insufficiente. Egli fece allora ai parrocchiani questa proposta:«Demoliamo il vecchio fabbricato (quello con gli archi) e innalziamo una canonica degna di Sedico, tutta ex novo; la popolazione concorrera' con la preparazione e la condotta di tutti i materiali ed io penserò a pagare i muratori per erigere l'edificio e gli artigiani per completarlo».La popolazione non fu concorde ed egli allora, tutto di tasca sua, fece costruire quella parte di canonica più vicina al campanile. Persuase poi i suoi familiari a costruire sulla collina di Landris la villa che ne porta il nome (villa Rudio, per l'appunto)".
Don Paolo Simonetti (parroco di Sedico dal 1954 al 1979) e Giuseppe Buzzatti (sindaco dal 1954 al 1960) furono gli artefici dei grandi cambiamenti (talora stravolgimenti) urbanistici del capoluogo.
Nel 1955 avvenne la demolizione della vecchia chiesa (ormai irrecuperabile causa lo stato di abbandono dal 1939) con reciproci vantaggi per la parrocchia (costruzione della Casa della Dottrina) e per il Comune (miglioramento della viabilità e creazione di una piazza).
Nel 1957 la permuta e la vendita di terreni del Beneficio Parrocchiale a tre privati consentì di avere a disposizione i soldi per costruire una canonica nuova (così si era deciso). A quell'epoca di solito si preferiva demolire (o lasciare in stato di abbandono ) il vecchio e costruire ex novo: la sensibilità e la capacità di recuperare gli edifici antichi arriverà decenni più tardi. Sicuramente ebbe un peso rilevante nella decisione anche l'esito della perizia fatta eseguire ancora nel 1944 dall'allora parroco mons. Luigi Fiori (1919-1954) al geometra Aldo Buzzatti che così scrisse: "Trattasi di uno stabile costruito in due epoche: la porzione più recente risale a circa il 1600. Data la vetusta' del fabbricato e la precarietà della sua statica, ogni opera di restauro risulterebbe inadeguata e talmente dispendiosa, in relazione ai miglioramenti ricavabili, che devesi senz'altro scartare". In realtà la canonica era mal messa: lo scrivente se lo ricorda bene.
Così la descrisse don Paolo: " Nella parte più antica, al piano terra solo cantine, malsane nelle travature e con muri dalle malte sgretolate e polverizzate. Il 1° piano occupato quasi per metà da un ampio salone di metri 11×6 con pavimentazione a mattoni che in gran parte erano staccati dalla malta che rendevano quasi impossibile un po' di pulizia; la prima stanza a sinistra era quella del Cooperatore con la porta verso il corridoio: in fondo, sempre a sinistra, una porta che introduceva nella grande cucina, divisa in due parti da una parete in legno a vetri semplici, per non disperdere il riscaldamento; dalla cucina si entrava in un tinello la cui parete laterale lo divideva dalla stanza del Cooperatore. Oltre la cucina, a nord, c'erano la stanza della domestica e i servizi, bagno e gabinetti, ultimo tratto questo che congiungeva la vecchia parte della canonica con il fienile e la stalla, confinanti con il vecchio fabbricato della Cooperativa. Si accedeva al primo piano mediante una scala esterna che immetteva in un poggiolo fatto ad archi ... Archi e colonne erano in muratura semplice di sassi, mattoni e malta. L'altra parte dell'edificio, verso la vecchia chiesa, era stata costruita 350 anni prima. Al piano terra c'era l'unica sala parrocchiale che serviva per tutte le adunanze. Al primo piano, sulla destra, di rimpetto alla stanza del Cooperatore, c'era l'ufficio parrocchiale, lungo cinque metri e largo due e ottanta. Dall'ufficio si entrava nella stanza dell'arciprete, la quale comunicava con un'altra stanza davanti alla cui porta era posto un armadio per renderla indipendente e non passeggera. Da ultimo un piccolo stanzino con porta sempre verso il corridoio centrale".
Alla metà di giugno del 1958 venne demolita la casa del sacrestano (che era stata costruita nel 1914) e al suo posto fu edificata, dall'impresa Gino Vanz su progetto dell'ing. Vincenzo Barcelloni, la nuova canonica utilizzandone le pietre (quelle a vista saranno acquistate a Pasa). Ai primi di dicembre i lavori erano ultimati, come pure gli impianti e i serramenti (gli artigiani Guido Ferigo e Plinio Patt realizzarono le porte in larice, mentre la ditta Dell'Antone le doppie finestre in abete) e quindi avvenne il trasloco. Nel 1960 l'antica canonica, fiore all'occhiello di Sedico, fu venduta e demolita tra accese polemiche e critiche ancora molto vive tra quelli della mia generazione (e ancor di più tra quelli più anziani) che a quegli avvenimenti furono presenti.
Ricerca e studio a cura di Gianni De Vecchi
Cliccare sulle foto per ingrandirle e leggere eventuali didascalie